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Chi vuoi aiutare con il tuo lavoro?

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Alcune volte ho come la sensazione che dimentichiamo cosa sia realmente il lavoro.

Pensiamo che tutto ci sia dovuto, che qualcuno debba pagarci perché semplicemente ci spetta.

Ma quando siamo dall’altro lato e siamo noi a pagare altri per il loro lavoro, abbiamo un po’ di resistenza nel farlo.

Pensiamo che non sia giusto o che, anche in questo caso, il lavoro dell’altra persona ci sia dovuto.

“Eh, ma alla fine mi hai confermato solo quello che già sapevo.”

“Ma ci hai messo 5 minuti, perché dovrei pagarti?”

“10 € per una visita guidata? Ma siamo matti?”

Eppure, fin dai tempi del baratto, il lavoro si basa su un concetto semplice ma fondamentale:

Il lavoro è aiutare qualcun altro.

Tutti i lavori sono legati a questo assunto di base, perché vengono svolti per risolvere un problema o per soddisfare un desiderio di qualcun altro.

Un medico aiuta il paziente a risolvere un problema di salute.

Un meccanico aiuta il cliente a riparare la sua macchina.

Il contadino coltiva i campi al fine di produrre del cibo per altre persone.

Allo stesso modo, un artista produce un quadro per soddisfare il desiderio di un committente, magari di appendere un bel ritratto di famiglia in salotto.

Un musicista suona per intrattenere un pubblico.

Un fotografo cattura le emozioni del momento in uno scatto per mantenerne vivo il ricordo.

Per questo, negli anni, ho capito sempre di più l’importanza di farmi una domanda: “Come posso essere di aiuto?

Nella sua semplicità, è fondamentale perché ci aiuta a capire chi siamo, cosa sappiamo fare e chi vogliamo aiutare.

Non vale solo all’inizio della propria carriera, ma è un processo che possiamo ripetere più volte nella vita, specialmente quando sentiamo che qualcosa in noi è cambiato o che abbiamo voglia di provare qualcosa di nuovo.

Infatti, col passare degli anni cambiamo, cresciamo, ci appassioniamo a cose diverse, cambia il mondo intorno a noi e non possiamo pretendere che la scelta che abbiamo fatto ad inizio carriera sia immutabile.

Di recente, mi sono posto nuovamente questa domanda e stavolta la risposta è stata diversa rispetto al passato, anche se di base il desiderio di aiutare gli altri non è mai diminuito.

In passato ero molto attratto dall’idea della grande startup, di partire da un’idea e di crescere, creando una grande azienda ed essere come Mark Zuckerberg.

Ma poi ho capito che questo mondo porta a business poco sostenibili, che si allontanano dal loro sogno iniziale perché non è il sogno dei loro investitori.

E ho capito che cercavo qualcosa di più concreto, che avesse per me un valore più alto.

Oggi voglio aiutare gli imprenditori del mio territorio o aspiranti tali a sviluppare la propria attività, ad avere la libertà di farlo nel nostro territorio.

Voglio immergermi nella loro realtà per capire cosa può aiutarli, di cosa hanno bisogno, cosa desiderano, mettendo a disposizione le mie competenze.

Sono nato come un Ingegnere Informatico ma, nel corso di questi anni, ho aggiunto così tante competenze trasversali al mio bagaglio culturale che non so più se definirmi tale.

In realtà sto ancora cercando le parole giuste per definirmi.

Che sia sviluppare un software, creare un sito web o condividere la mia esperienza, ciò che mi muove è sempre lo stesso principio: essere utile a qualcuno.

Ed è questo, alla fine, il punto. Non importa l’etichetta che diamo al nostro lavoro.

La domanda resta sempre la stessa:

Chi voglio aiutare, oggi?

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