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Come affrontare una scelta quando tutti ti dicono “non farlo”
Prendere una decisione non è mai facile.
Decidere può essere un processo complesso che, talvolta, richiede molte energie e anche molto tempo.
Ci sono alcune cose che possiamo deciderle velocemente, come quando ci chiedono se vogliamo il caffè dopo pranzo.
Io non lo bevo mai, quindi molto facile.
Ce ne sono altre che richiedono tempo e che ci fanno sentire molto insicuri.
In questi casi cerchiamo pareri nelle persone di cui ci fidiamo maggiormente, col rischio che, non riuscendo a calarsi nella nostra situazione o non essendo particolarmente esperti, ci possano consigliare male, dandoci ancora più grattacapi.
L’altro giorno ho parlato con un amico che non vedevo da tempo e che mi diceva di come lui non abbia sviluppato nel corso di questi anni una competenza tecnica ben precisa.
È molto bravo nelle relazioni con le persone, anche internazionali, ma è difficile trovare un lavoro solo con queste caratteristiche.
Per cui stava valutando cosa imparare, magari nell’ambito della comunicazione digitale.
Parlando con lui, mi ha confessato che le persone che gli sono intorno non lo supportano in questa decisione, poiché vengono da un contesto in cui il percorso canonico era: studia, laureati, trova un lavoro e tienilo fino alla pensione.
Al giorno d’oggi potrebbe non essere più vera questa cosa, specialmente per chi proviene da studi umanistici.
E quindi bisogna reinventarsi.
Capire in che modo le cose che sappiamo già fare possono essere di aiuto a qualcun altro che sia disposto a farci lavorare e pagarci.
Ma sentirsi supportati e incoraggiati è comunque fondamentale.
Non riusciremo mai ad avere successo o a prendere una decisione a cuor leggero se abbiamo persone a cui teniamo che ci remano contro e ci dicono di prendere tutt’altra strada.
Per quanto mi riguarda, in questi casi mi rifaccio mentalmente ad uno schema che credo di aver maturato leggendo qualche libro sul management, non saprei dirlo esattamente.
In sostanza, misuriamo le decisioni sulla base della loro rischiosità e reversibilità.
La rischiosità è data dal numero di cose che potrebbero andare male. Più ne sono, più è alta.
La reversibilità, invece, misura quanto quella scelta può essere annullata. Ad esempio, possiamo fare un passo in avanti su una strada e poterne poi fare uno indietro, questa è una scelta reversibile. Ma se facciamo un passo avanti verso un burrone, non credo avremo la possibilità di fare il passo indietro.
Individuiamo, quindi, 4 tipi di decisioni:
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Bassa reversibilità, alto rischio: prima di decidere pensa bene a lungo a quali potrebbero essere le conseguenze;
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Alta reversibilità, alto rischio: analizza, sperimenta e fai dei test iniziando ad agire, sapendo che puoi sempre ritornare indietro.
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Bassa reversibilità, basso rischio: fai un passo alla volta e vedi come cambiano le cose intorno a te.
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Alta reversibilità, basso rischio: agisci velocemente.

La cosa interessante è che il rischio, in alcuni casi, può essere ridotto.
Ad esempio, quando stavo per aprire la partita IVA, decisione ad alto rischio ma altamente reversibile, ho pensato che uno dei rischi più grandi era che sarei potuto rimanere senza soldi, non avendo più uno stipendio fisso.
La soluzione per gestire questo rischio era mettere da parte qualche soldo in più per qualche mese, coprire i 6 mesi successivi di spese e avere la tranquillità per poter sperimentare l’attività in partita IVA.
Credo che le persone che hanno maggiore successo nella vita sono quelle che riescono a prendere decisioni migliori, gestendo il rischio.
Nel caso del mio amico è una decisione che ha un’alta reversibilità e un’alta rischiosità. Il rischio è di non trovare qualcuno che lo faccia lavorare, di spendere soldi in formazione e non sfruttare al meglio quello che imparerà, di restare senza lavoro e quindi senza stipendio.
Io gli ho consigliato di provare. Lavorare nell’ambito della comunicazione digitale potrebbe essere un modo per fare qualcosa in cui si sente bravo, apprezzato ed essere pagato per questo.
I rischi sono tutti gestibili, in quanto potrebbe fare il corso di formazione mentre sta ancora lavorando, apprendere le competenze necessarie e, solo alla fine, cercare lavoro. Se la ricerca dovesse andare male avrebbe comunque ancora il suo lavoro attuale, ma avrebbe anche imparato cose nuove che, in futuro, potrebbero tornare utili.
A venerdì prossimo,
Ivan