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La storia della Partita IVAn

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Leggo spesso sui social dei post relativi a come dovrebbe essere il nostro lavoro

Nessuno che ti disturba o ti mette fretta, ben pagato, con la possibilità di lavorare da dove si vuole e quando si vuole.

Se manca una di queste caratteristiche sembra quasi consigliabile lasciarlo, perché non rispetta i nostri desideri.

Tutto giusto, in teoria, e spesso vengono associati alle seguenti azioni: "apri la tua startup", "diventa il capo di te stesso", "diventa un freelance".

Sono tutte valide opzioni ma, specie all'inizio, ci si chiede se sia effettivamente così o se è semplicemente un modo per venderci qualcosa.

Oggi voglio portarvi la mia esperienza.

A gennaio 2023, dopo alcuni mesi difficili nella startup in cui lavoravo, ho deciso di aprire la partita IVA.

È stata una scelta pensata, con l'idea che fosse un qualcosa di reversibile: sarei potuto tornare a fare il dipendente se non avesse funzionato.

Avevo qualche soldo da parte e abitavo ancora con i miei genitori, per cui, anche economicamente, non era una scelta difficile.

Perché ho scelto di aprire la partita IVA?

Beh, per curiosità e perché sia mio fratello che mio padre l'avevano già ed erano ancora vivi - visto che spesso sembra sia la morte.

Ho iniziato senza avere una guida, con solo qualche piccolo progettino realizzato in autonomia e l'esperienza da dipendente.

La settimana dopo l'apertura mi sono rotto il polso e subito ho capito una cosa: nessuno mi avrebbe pagato per questo, senza avere un'assicurazione contro gli infortuni.

È stato un periodo in cui, non potendo passare molte ore a scrivere al computer a causa del dolore, ho avuto modo di fare diverse chiaccherate con possibili clienti, chiaramente tutti online per lavorare da remoto.

La priorità era non dovermi trasferire per andare in ufficio.

A marzo ho iniziato una collaborazione. Guadagnavo bene, ma allora ancora non realizzavo che, dopotutto, era una collaborazione da dipendente mascherata da partita IVA.

Avevo gli stessi obblighi di un dipendente, ma non godevo più dei vantaggi.

Certo, guadagnavo di più ma, mettendo a fattor comune tutti gli svantaggi, forse non era così conveniente.

Riguardo la libertà, non ce n'era poi così tanta. Andava un po' creata ritagliandomi i miei spazi di tempo per poter fare altro ma, di base, dovevo tenere conto dei vincoli imposti dalla committente.

Però la cosa mi piaceva e mi motivava a fare sempre meglio e forse era proprio questo il vantaggio più grande.

Nel corso di quel primo anno sono cresciuto molto, sia dal punto di vista tecnico che come professionista.

Ho chiuso bene il primo anno con tre clienti fissi e un collaboratore che mi dava una mano.

Però era difficile, molto difficile, continuare a quei ritmi.

Allora ho lasciato un cliente direttamente al mio collaboratore. Un altro aveva concluso il progetto e, sostanzialmente, non ero più necessario e ho scelto di continuare solo col terzo, in cui ricoprivo un ruolo strategicamente importante.

Altra lezione: se sei a partita IVA, dal momento che non servi più, hanno tutta la libertà di interrompere la collaborazione.

Ho scelto di investire su questo lavoro tutte le mie forze per imparare il più possibile, anche se significava rinunciare a guadagnare di più, essere meno libero e meno "imprenditore".

Ad oggi, ho chiuso da poco questa collaborazione per fare qualcosa di nuovo e ho risolto un problema importante: ho trovato una guida.

Attraverso i suoi preziosi consigli, ho imparato a gestire il processo di vendita e di ricerca clienti e ho ora una mappa mentale di dove sono e dove voglio arrivare.

Guardandomi indietro, penso che aprire la partita IVA sia stato un passaggio importante e necessario della mia carriera.

Però quello che voglio rimarcare è che anche la partita IVA non ci mette nelle condizioni di essere tranquilli, liberi e senza nessuno che rompa le scatole.

Quantomeno non in automatico.

È un lavoro complesso, che richiede tempo, tantissime competenze diverse e tanto studio.

Ci saranno sempre le difficoltà, anche se diverse rispetto a quelle di avere un capo.

Magari, anziché avere un capo, avremo dei clienti che si comporteranno da capi, che ci renderanno schiavi del lavoro e degli obblighi verso di loro.

Ma c'è anche tanta soddisfazione, libertà di poter guadagnare di più e fare meglio.

Di essere responsabili quasi al 100% dei risultati che otteniamo e di sentirci appagati dall'avere realmente un impatto sul mondo.

A venerdì prossimo,

Ivan

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